Mare Nostro, a Rocca di Papa
«A qualunque latitudine, facciamo parte della stessa comunità. Ogni uomo, ogni donna, ogni piccolo di questo pianeta, ovunque nasca e viva, ha diritto alla vita e alla dignità». Con la citazione di Vittorio Arrigoni, autore del Libro “Gaza – Restiamo umani”, il laboratorio sperimentale “Teatro Finestra” annuncia lo spettacolo “Mare Nostro. Restiamo umani”, che sarà rappresentato sabato 7 (alle 18.00) e domenica 8 ottobre (alle 21.00) al Teatro Civico di Rocca di Papa. L’ideazione e la regia sono di Raffaele Calabrese.
“Mare Nostro” è uno spettacolo che vuol porre l’accento sul bisogno di una umanità che riusce a vivere solamente abbattendo i confini: «nasce sull’onda del tempo che stiamo vivendo. Un periodo storico difficile, segnato da conflitti, violenze, atrocità. Stiamo attraversando una crisi profonda in cui l’uomo pare incastrato in un meccanismo di disumanizzazione. Ci basti pensare che in questo momento nel mondo sono più i paesi in guerra che quelli in pace ma anche lì dove i conflitti non ci sono gli effetti di questo clima bellico si fanno sentire. Nessuno può ritenersi più al sicuro. C’è una parte di umanità che fugge, che attraversa mari, che supera confini, che si dispera, che muore mentre l’altra parte si difende, costruisce muri, stende filo spinato, concentra le proprie forze per fermare quest’onda di disperazione. Il mondo sembra spaccarsi in due e il mare rappresenta il simbolo di questa spaccatura ma anche la possibilità d’incontro tra questi due mondi. “Mare Nostro” suona come una preghiera, mare da attraversare, mare da difendere, mare che è confine e al tempo stesso strada che unisce. Attraverso questo lavoro abbiamo provato a saldare questa frattura e a varcare un confine, a metterci dall’altra parte, dalla parte di chi fugge, di chi annega, di chi si fa saltare in aria dentro a un teatro, dentro un aeroporto e di chi in quel teatro o in quell’aeroporto muore. Quello che ne è venuto fuori è che ognuno è a suo modo vittima e che, aldilà del dio in cui si crede, della bandiera a cui si appartiene, del confine entro il quale si vive, aldilà di tutto ciò che ci divide c'è qualcosa di assoluto che ci unisce ed è l'appartenenza al genere umano. Affermare questo è uno degli obiettivi del nostro spettacolo insieme all'invito, come unica salvezza, a restare umani».