Ecco la prima foto reale di un buco nero
Per definizione non si può vedere, perché nessuna luce può sfuggire da un buco nero. Però si può osservare la materia che viene attirata dall’enorme gravità e le conseguenze: temperature di milioni di gradi, radiazioni, raggi X. Mai un buco nero è stato fotografato, finora ci si doveva basare sulle ricostruzioni computerizzate basate sui dati ottenuti, come l’immagine di Gargantua, il gigantesco buco nero del film Interstellar. Ora le prime immagini di M87, un buco nero a 54 milioni di anni luce da noi nell’Ammasso della Vergine, sono mostrate dai circa 200 scienziati del progetto Event Horizon Telescope, che riunisce una rete mondiale di telescopi. I ricercatori hanno lavorato per anni a questa straordinaria impresa, una vera pietra miliare per la scienza e in particolare per l’astronomia e l’astrofisica. «Sembra l’Occhio di Sauron del Signore degli Anelli», è stato detto quando è apparsa sugli schermi l’immagine di M87. E come accadde esattamente 100 anni fa, con la celebre foto dell’eclissi solare, anche oggi “siamo di fronte alla conferma del Relatività di Einstein” ha detto il direttore del progetto Eht Sheperd S. Doeleman del Center for Astrophysics, Harvard & Smithsonian presentando l’immagine.
I buchi neri
I buchi neri stellari si formano quando stelle con una massa di almeno 20 volte quella solare collassano su se stesse e creano una regione dove la forza di gravità è così forte che nulla può sfuggire ma, come ha dimostrato Stephen Hawking, evaporano lentamente grazie alla radiazione termica che prende il suo nome emessa per effetti quantistici. Grazie alle onde gravitazionali predette da Einstein, nel 2016 sono stati «visti» buchi neri fondersi insieme: un evento catastrofico capace di generare onde nello spazio-tempo, che a distanza anche di miliardi di anni, possono essere captate con particolari strumenti sulla Terra. Diversa cosa i buchi neri supermassicci, come M87, con masse di miliardi di volte quella del Sole, la cui formazione è ancora oggetto di analisi.
Al progetto l’Italia ha partecipato con l’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) e l’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn). Nella collaborazione Eth fanno parte alcuni scienziati italiani, tra i quali Ciriaco Goddi dell’Università di Leida e Mariafelicia De Laurentis dell’Infn. «L’immagine che abbiamo ottenuto è consistente con l’ombra di un buco nero rotante come era stato predetto dalla relatività generale di Einstein», ha detto spiegato Goddi, responsabile della calibrazione e validazione dei dati. «Abbiamo impiegato un anno e mezzo per ridurre, calibrare, validare e analizzare i dati acquisiti nel 2017».
Osservando l’immagine diffusa si nota subito un’asimmetria tra la parte inferiore molto più luminosa (sembra quasi un sorriso) e quella superiore più scura. «Si può spiegare con un effetto relativistico, chiamato anche Doppler beaming o Doppler boosting», dice Goddi. «Un plasma che si muove a velocità prossime a quella della luce in rotazione intorno a un buco nero, amplifica l’emissione del plasma che si muove nella nostra direzione. Il disco scuro al centro individua l’orizzonte degli eventi. Se immerso in una regione luminosa come un disco di gas incandescente, ci aspettiamo che un buco nero crei una regione oscura simile a un’ombra, prevista da Einstein. Questa ombra, causata dalla distorsione o curvatura gravitazionale e dalla cattura della luce dall’orizzonte degli eventi, rivela molto sulla natura di questi oggetti affascinanti».