Palestrina e la casa del diavolo
Prego lasciate che mi presenti /sono un uomo ricco e di gusto/sono stato in giro per molto tempo/rubai molte anime e sottrassi molta fede agli uomini/Ed ero lì quando Gesù Cristo ebbe il suo momento di dubbio e dolore/Mi assicurai che Pilato se ne lavasse le mani siglando così il suo destino/lieto di conoscervi/spero che scoprirete il mio nome/ma ciò che vi lascia perplessi è la natura del mio gioco. (da Symphaty for the devil, Rolling Stones).
Quando si parla del diavolo, contrariamente a quel che si pensa, a spuntare sono quasi mai le sue corna. Il diavolo è nella musica, nella letteratura, nelle nostre angosce profonde e perfino nelle nostre leggende ed oscure superstizioni.
C’è chi il diavolo lo canta, come fa Mick Jagger in questa nota canzone, per denunciare il male che è nascosto negli uomini e la guerra. C’è chi invece col diavolo scende a patti vendendogli l’anima, in cambio magari dell’eterna giovinezza, come fece il personaggio di Dorian Gray. Ma c’è anche chi il diavolo lo incontra per le strade di Palestrina, come fece lo scrittore Thomas Mann.
Dalla musica alla letteratura, gli uomini hanno scritto fiumi di parole ispirati all’astuzia del diavolo. Ma nel suo romanzo, Doctor Faustus, pubblicato nel 1947 e che tratta le vicende narrate da un amico del compositore Adrian Leverkühn corrotto dal diavolo e dal nazismo, Mann ha il merito di dare a Lucifero anche un indirizzo di residenza. Si tratta del palazzo ai piedi del tempio della dea Fortuna, dove lo scrittore tedesco avvistò più volte il diavolo tra il 1895 e il 1898, quando a Palestrina soggiornò assieme al fratello Heinrich.
Le sue paure finirono presto in quel romanzo, nel quale lo scrittore, del diavolo non sa scoprire il vero nome perché lo chiama “Tizio”. Costui non è un uomo ricco, elegante e di buon gusto perché Mann ce lo descrive come un tizio addirittura poco signorile: «un uomo piuttosto allampanato, anche più piccolo di me, con un berretto sportivo tirato su un’orecchia, mentre sull’altra i capelli rossigni gli sporgono dalla tempia. (…) Sopra una camicia a maglia righe trasversali porta una giacca a quadretti, con le maniche troppo corte. Ha i calzoni troppo stretti e le scarpe giallo trite, che non si possono più pulire. Ha una destrezza da imbonitore paesano, è vittimistico, sbruffone, ricattatorio». E chissà quante credenze, luoghi comuni e incontri personali avvenuti a Palestrina infarciscono l’invenzione letteraria di questo genio della penna che ha reso Palestrina celeberrima in tutto il mondo, grazie al fatto che il diavolo fosse passato di qui ma, soprattutto, grazie al fatto che Thomas Mann fosse passato di qui, a dare lustro alla nostra cittadina che, per ricambiare la cortesia, gli ha intitolato la strada dove ha sede il palazzo del diavolo, Via Thomas Mann, con la sua sinistra dimora divenuta oggi una casa-museo che ancora racconta quelle antiche atmosfere ma soprattutto nasconde cupi segreti, forse addirittura dei passaggi ignoti tra le case che sarebbero all’origine di strani brusii, angoscianti rumori di passi, che fanno sì che i turisti odierni, in quel palazzo di via Thomas Mann, dove lo scrittore e Premio Nobel aveva incontrato il diavolo in persona, adesso, scorgano la presenza di fantasmi.