Perché gli uomini uccidono le donne?
Fidanzate sfregiate con l’acido, torturate e poi date alle fiamme dai loro compagni. Mogli e madri picchiate e poi assassinate dai loro mariti. Sorelle uccise, fatte a pezzi e poi gettate nei cassonetti.
I femminicidi sono un fenomeno in aumento: ogni due giorni una donna viene uccisa dal compagno. Nel 2016, 120 donne sono state ammazzate dal proprio marito, convivente o compagno. Sette milioni di donne hanno subito qualche episodio di violenza o di abuso (dall’insulto allo stalking allo stupro) nel corso della loro vita. Insieme a questi dati l’Istat purtroppo deve registrare anche che il fenomeno è cresciuto nei primi mesi del 2017. In compenso, sono aumentate anche le denunce. Tuttavia l’orrore non scompare e la legge contro il femminicidio, approvata nel 2013, non sembra rappresentare un deterrente.
Mercoledì 8 novembre, alle 17.00, nella Sala del Carroccio del Palazzo Senatorio, in Piazza del Compidoglio a Roma, si terrà l’incontro intitolato “perché gli uomini uccidono le donne?”. Alla discussione parteciperanno Marco Lombardozzi, medico psicoterapeuta, il Generale Luciano Garofano, già comandante dei R.I.S. dei carabinieri di Parma, Elisabetta Stefanelli, giornalista, e Osvaldo Sponzilli, medico psicoterapeuta. Gli esperti cercheranno di rispondere a questa domanda, perché le donne vengono uccise? Facendo luce su una situazione di psicopatologia sociale che contagia strati sempre più ampi della popolazione maschile, in modo trasversale e senza tener conto dell’estrazione socioeconomica o culturale.
Lo scopo dell’incontro è divulgativo e servirà a fissare nuovi punti per la futura discussione politica sull’argomento.
Secondo le statistiche, il 74,5% dei carnefici è di nazionalità italiana (seguiti da femminicidi dell’Est Europa, Nord Africa, Asia e Centro America). Nella maggior parte dei casi anche la vittima è italiana (nel 2016 le donne uccise dai loro uomini erano per il 78% italiane e per il 22% straniere).
La più alta percentuale di assassini si colloca nella fascia d’età compresa fra i 31 e i 40 anni.
Sono soprattutto le ragazze ad essere uccise, quelle che hanno fra i 17 e i 30 anni.
L’ultimo dato agghiacciante è che i femminicidi in Italia, in un anno, hanno lasciato 1.600 orfani.
«La crisi dell’identità maschile e la perdita di ruolo – dicono gli esperti - è soltanto una delle cause del problema, che va inquadrato e risolto nella sua interezza e complessità: scuola, diritto, educazione e prevenzione devono continuare a cooperare sinergicamente».
Il femminicida è in genere un malato, ma il reato può essere innescato anche dalla rabbia momentanea. Gli assassini hanno in comune una gamma d’emozioni però: si sentono ingabbiati, infantilizzati, impotenti. Dal canto loro le donne sono meno tolleranti alla sopportazione delle violenze. I soggetti maschili hanno difficoltà a controllare gli impulsi, sono ossessionati dalla paura di perdere il controllo della vita della partner, sono sadici oppure allessitimici, ossia “analfabeti emotivi”, cioè incapaci di riconoscere le proprie emozioni e di interpretare nella maniera giusta le emozioni altrui.
Lontani dalle soluzioni definitive quindi, restano solo dati di un’agghiacciante verità, come quella urlata da una candidata al concorso di bellezza per “Miss Perù” di quest’oggi: «mi chiamo Camilla, vengo da Lima e queste sono le mie misure: 2mila e 200 casi di femminicidio registrati negli ultimi 9 anni nel mio paese».
Ma il contrasto alla violenza, fortunatamente, prosegue.